Guardaroba

La camicia bulgara

Goodbye Lenin

Questo è un post scritto nel novembre 2010, recuperato dal primo, vecchio blog di Miss Nettle. Ma le camicie bulgare e i loro estimatori resistono impavide ai rottamatori di prima, seconda, “n” generazione, forse proprio per via del tessuto immarcescibile ancorché stantio dal quale sono ritagliate. E dunque.

Mi è un po’ dispiaciuto scoprire di non essere l’unica a parlare di camicie bulgare (riferito a certi esponenti del PCI, ora inglobati nel PD ma senza averne assorbito il linguaggio dei panni). Colletto rigido, maniche corte con una bella righetta sull’orlo alto, bianco-grigino-sintetico: la camicia bulgara, dalle mie parti, si porta in genere con capelli tinti (male) intorno al rossastro, baffi a spazzola, storie incolori e il binomio evoca lunghi corridoi senza finestre, grigi anche loro. Menti grigie, anche.
Sotto, nell’ordine: la camicia (bulgara), da La forza del passato di Sandro Veronesi e una clip da Goodbye Lenin. (Ah. Qualunque riferimento a fatti e personaggi che frequento tutti i giorni non è assolutamente casuale).
(18 novembre 2010)

 

– Scusi – ribatto – a parte il fatto che non capisco cosa c’è che non va nel cinema americano, parla proprio lei che indossa la camicia americana standard, con le mezze maniche e il colletto rigido? Le porta qualcuno, in Italia, camicie così? No, a parte i mormoni, peraltro americani pure loro. Eppure lei ce l’ha, e le sembra anche normale, ci scommetto, e ci mette sopra anche la giacca, e lo sa perché? Perché l’ha vista per quarant’anni di fila nei film e nei telefilm americani, ecco perché; addosso agli attori di Hollywood, in storie sempre costruite con climax, anticlimax e pistole che prima o poi sparano. L’ha vista addosso a Tom Ewell in Quando la moglie è in vacanza, e addosso a De Niro in Lo sbirro, il boss e la bionda; addosso a Robert Blake in tutti gli episodi di Beretta e addosso a Michael Douglas in Un giorno di ordinaria follia; addosso a Denis Franz in New York Police Department, e addosso a Bradley Whitford in Un mondo perfetto quando spara – spara – a Kevin Costner (che, le ricordo, è disarmato perché la sua pistola l’ha buttata nel pozzo il bambino). Quella camicia è come il telefono attaccato al muro nella cucina, ormai, o il canestro attaccato al bandone del…

E qui succede una cosa strana, per me abbastanza umiliante, che mi zittisce di colpo. L’uomo scoppia a ridere, di gusto, con tanto di ingorgo respiratorio, fischio polmonare che si fa più acuto e raglio di tosse catarrosa.

(…) – Apprezzo il tuo punto di vista, sai – riattacca, quando la tempesta è passata – Veramente, hai fatto delle osservazioni molto interessanti – tossisce – per non parlare della disinvoltura con cui hai citato tutti quei film a memoria, attori e tutto: impressionante. – Tossisce di nuovo, poi si schiarisce la voce – Lo diceva, tuo padre, che sei un osso duro. Solo che questa camicia è bulgara, figliolo, puro sintetico di Plovdiv, non una sola fibra naturale: l’avvicini a un fiammifero e uam!, brucia come benzina.

Sandro Veronesi, La forza del passato, Milano 2003

 

Wolfgang Becker,  Goodbye, Lenin (2003)

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